accettando condizioni precarie e bassi salari. Ma negli anni successivi al boom economico circa un milione di
donne perse il lavoro. L'espulsione dal mercato del lavoro fu dovuta alla crisi economica derivante
dall'accresciuto richiesta di materie prime dall'estero, ferro, materiali semilavorati e petrolio. Presto si
impose un nuovo modello in base al quale le donne lavoravano finché erano giovani, ma alla nascita del
primo figlio lasciavano il lavoro per dedicarsi di nuovo alla casa. In molti casi per necessità familiari le donne
che avevano rinunciato ad una occupazione svolgevano all'interno delle mura domestiche lavoro nero, non
figurando mai nei censimenti istituzionali.
Il maggior numero di ragazze che frequentarono la scuola ebbero maggiori possibilità di accedere a
professioni dalle quali in passato furono escluse. la percentuale di donne laureatesi in medicina aumentò
dal 3% dal 1950 al 10% del 1960 arrivando al 12,70 % nel 1968. Tra i docenti universitari le donne erano il
9,8 % nel 1950 e nel 1971 arrivarono al 21,4% . Nonostante ciò continuarono ad essere vittime di pregiudizi
sul posto di lavoro trovando innumerevoli ostacoli al raggiungimento di carriere prestigiose. La situazione
non cambiava di certo per le operaie; alla Piaggio le circa 400 operaie assunte dovettero firmare un accordo
nel quale si impegnavano a dare le dimissioni nel caso si fossero sposate.
Nel 1971, 1.370.000 italiani chiesero di istituire un referendum per approvare definitivamente il divorzio.
Nel 1974 gli italiani chiamati alla decisione referendaria votarono in favore della abrogazione della legge
Fortuna-Baslini. Per la prima volta il conservatorismo cattolico e laico fu sconfitto, e l'Italia non fu più
insieme a Irlanda e Spagna, uno dei paesi in cui il divorzio era ancora vietato. La vittoria della legge sul
divorzio decreta la fine della concezione clericale dominante nel mondo contadino e definisce la nascita di
una nuova concezione più aperta, in piccola percentuale, più libertaria e aperta a nuove prospettive di
miglioramento di vita. Alla fine degli anni sessanta fin tutto il decennio successivo, muta il giudizio che la
donna ha sul ruolo che ricopre nella società, sulla verginità e sull'amore extraconiugale. In quegli anni,
sempre di più le giovani studentesse, colte e politicizzate, vanno ad analizzare e a rifiutare, con lucida
rabbia, la propria condizione.
Nel 1970 un convegno ufficiale sulla donna nella società italiana fu interrotto da una attivista di Rivolta
femminile, rivolgendosi alle autorità presenti, affermò: "Le donne che voi volete sono esattamente dei
duplicati degli uomini per noi la donna è un'alternativa [...] vogliamo arrivare a creare una società che si
opponga ai modelli culturali esistenti che secondo noi sono maschili [...]". Nel 1971 si ebbe il primo
congresso del Movimento per la liberazione della donna, i cui temi furono l'aborto e lo sfruttamento della
donna denunciando l'autorità patriarcale e il maschilismo ancora perseverante. A Milano si riuniscono i
primi gruppi femministi. Le sofferenze e i torti subiti, da sempre vissuti come fatti personali e non
condivisibili, diventano improvvisamente comuni e si rilevano come problemi sociali e collettivi. Dalla
Germania e dalla Francia giunsero notizie di autodenunce collettive per l'aborto, firmate da centinaia di
donne. In America il Movimento femminista si andava sempre più rafforzando. Dopo il referendum sul
divorzio fu la volta di affrontare e far approvare una nuova legge sull'aborto. Grazie anche alla pressione che
il partito Radicale seppe predisporre sia in parlamento che attraverso una costruttiva attività politica, riuscì
ad isolare i soli due partiti che vi si opponevano, la Dc e l'MSI. Solo nel 1978 la legge fu approvata. Nel 1975
furono raccolte 700000 firme per promuovere il referendum popolare. Un'altra tema affrontato in quegli
anni fu quello della violenza sessuale. Il delitto del Circeo, che vide accusati un manipolo di fascisti che
abusarono e picchiarono due ragazze per poi buttarle dentro il cofano di una macchina. Una di loro perse la
vita l'altra nuda e insanguinata riuscì ad uscirne viva. Un'ondata sdegnata del brutale atto compiuto "dai
ragazzi della Roma per bene" riempì le strade di tutta la penisola. Due grandi cortei si svolsero a Roma e a
Milano le donne gridarono "La notte ci piace, vogliamo uscire in pace; Stasera sono uscita a riprendermi la
vita; Riappropriamoci della notte. A Roma 20.000 fiaccole accese tra fiocchi rosa e fili di argento degli alberi
di natale usati come collane, fiori di cartapesta, urli ritmati e danze di donne vestite da strega dettero vita ad
una delle manifestazioni più accese e spettacolari che si siano mai viste nella capitale.
Ma le proteste di piazza non furono sempre allegre e pacifiche. L'8 marzo 1972 la manifestazione non
autorizzata delle femministe viene duramente caricata dalla polizia. Negli anni successivi le manifestazioni di
sole donne diventarono espressione di felicità; zoccoli, gonne a fiori, le donne cantano, ballano, fanno
girotondi, si tengono per mano. Così ogni 8 marzo in ricordo delle donne russe che nel 1917 si opposero alla
forza repressiva zarista chiedendo pane e pace, si ritrovano nelle piazze con i loro cartelli, i loro slogan e la
loro rabbia che continua ad essere la stessa espressa nei decenni precedenti in un mondo che stenta ancora
a riconoscere i loro diritti e il rispetto del loro essere donna.
a cura di Antonio Crialesi
